INJENIA SUMMER
Siamo fatti di condivisione, leggere per credere
Sala ristoro, ore 11: il team di Injenia si riunisce per una pausa caffè di gruppo. Tutto nella norma, se non fosse che a qualcuno è venuto in mente di chiamare questo momento coffee break. D’un tratto, ci siamo resi conto che gli anglicismi utilizzati nella lingua italiana sono davvero tanti: ogni giorno ci si divide tra call, meeting, report e coffee break per l’appunto. Ma c’è una parola che, seppur non usata spesso, fa parte della nostra routine. Sappiamo a cosa state pensando e no, non si tratta dello smart working. Stiamo parlando di share.
Dopo il caffè, confrontandoci con i linguisti di Injenia, abbiamo scoperto che questo prestito dall’inglese deriva dal termine scearu, parte o divisione, che a sua volta trae origine da scara, che identificava un’armata o alcuni membri di essa. Un’etimologia curiosa perché riesce a tenere uniti due concetti diametralmente opposti: il singolo e il gruppo. La stessa cosa avviene anche in italiano: con-divisione, traduzione diretta di sharing, non fa altro che mettere insieme qualcosa che altrimenti sarebbe separato.
Un’azione talmente potente che determina la misura del nostro coinvolgimento in un dato contesto: pensate anche allo share come indice di ascolto nel campo televisivo, o al semplice tap che ci permette di condividere coccolosi gattini sui social network. Recentemente è nata un’intera economia basata sui principi della condivisione: la sharing economy, conosciuta anche come economia collaborativa.
Per sharing economy si intende un sistema economico che si fonda sulla condivisione di risorse, spazio, tempo, beni e servizi. Una vera rivoluzione, che ha portato il mondo intero a un cambio di rotta: da un’economia basata sulla proprietà, si è passati a una fondata sull’accesso. Come dice Steve Denning:
“Invece di pianificare la propria vita con la premessa di acquisire e possedere più proprietà private, questa nuova generazione ha iniziato a trovare soddisfazione nell'avere accesso alle cose e interagire con altre persone nel processo.”
Ma quali sono gli ingredienti fondamentali di questa straordinaria ricetta economica? Principalmente tre:
Condivisione, cioè l’utilizzo comune da parte di più persone di una stessa risorsa
Parità, ovvero le relazioni hanno carattere orizzontale e demoliscono le tradizionali distinzioni tra finanziatori, produttori e consumatori
Tecnologia, o meglio l’uso di piattaforme per gestire le relazioni digitali e promuoverle grazie alla fiducia basata su sistemi di rating
Magia? No, semplicemente il punto d’incontro tra innovazione, sostenibilità e riduzione dei costi: il tutto condito dal senso di comunità che alimenta lo spirito di condivisione e collaborazione.
Qualcuno potrebbe chiedersi quanto sia necessario tutto questo condividere e se abbia un’effettiva utilità. La risposta è nella nostra Storia.
Alcune delle vittorie più grandi o delle scoperte più sensazionali sono il risultato di condivisione, fiducia e collaborazione. Un esempio? Nel 1953, grazie agli studi condotti da Rosalind Franklin e Maurice Wilkins, James Watson e Francis Crick misero a punto quello che è oggi accertato come il primo modello accurato della struttura del DNA, ovvero il modello a doppia elica. E quasi 10 anni dopo, dopo la morte di Rosalind Franklin, Watson, Crick e Wilkins ricevettero il Premio Nobel per la medicina.
Ancora, i fratelli Wright, Wilbur e Orville, furono i primi a dominare il cielo, riuscendo nell’impresa di far volare una macchina motorizzata con un pilota a bordo. Ma non si tratta soltanto di scienza e tecnologia, anche l’arte, la moda, la musica pullulano di casi storici di collaborazione. Basti pensare all’incontro tra John Lennon e Paul McCartney, che ha dato vita a quella che sarebbe diventata una delle band più grandi di tutti i tempi: i Beatles.
E se ancora non siete del tutto convinti, basterà una parola a farvi cambiare idea: Wikipedia, l’esempio per eccellenza di collaborazione su scala globale. Grazie al contributo di editori volontari, ogni giorno la più famosa repository online mette a disposizioni di tutti conoscenze, fatti e informazioni. Come si legge sul sito, “Wikipedia è un'enciclopedia online, libera e collaborativa”.
Come nella storia, condivisione e collaborazione hanno un enorme impatto anche a livello aziendale. La chiave, in questo caso, è proprio una cultura che promuova il cosiddetto knowledge sharing. La circolazione e lo scambio di informazioni tra gli attori di un’azienda costituiscono una risorsa indispensabile per costruire un reale vantaggio competitivo. Cosa possibile solo se sostenuta da strumenti in grado di abilitare un adeguato sistema di knowledge management.
Negli anni è diventato sempre più evidente come uno degli ostacoli per raggiungere un livello di condivisione realmente produttivo per il business siano gli stessi software. Injenia parte da questo per sviluppare soluzioni per la gestione della conoscenza d’impresa che ricalcano la spontaneità con cui le persone collaborano nel day-by-day. Si tratta di piattaforme in grado di dare una struttura alla comunicazione “naturale” che avviene durante la gestione dei processi, ma che spesso sfugge alle maglie dei comuni gestionali e rischia di non essere messa a capitale. Avere una soluzione che permette di tracciare gli scambi che avvengono durante l’operatività e condividere la conoscenza specifica del singolo è alla base dello sviluppo di una conoscenza collettiva aziendale.
Inoltre, l’approccio di Injenia non si esaurisce nella semplice progettazione di strumenti: si tratta infatti di contribuire alla creazione di un ambiente di lavoro che agevola il feedback, il contatto costante e valorizza i contributi individuali e di gruppo per legare la community e aumentare la produttività.
Che dire, alla fine noi ci siamo rassegnati al coffee break per il bene del team, ma la condivisione e la collaborazione sono diventate il nostro mantra e possiamo dire di essere la prova vivente che sharing is caring!
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